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Zac7 - Il giornale del Centro Abruzzo

20057

Il bisturi

I numeri della sanità nel Centro Abruzzo: punti di forza e di debolezza. Dove e come intervenire per uscire dal tunnel degli sprechi

Documento senza titolo

di Patrizio Iavarone
Il sistema insostenibile
Il sistema sanitario abruzzese, questo è certo, così non regge, perché per ogni euro prodotto se ne spendono 2,3. Perché costa troppo il personale, che è mal organizzato, perché funziona poco la medicina territoriale, con troppi ricoveri impropri, in alcuni casi troppi giorni di degenza media e una sproporzione a volte imbarazzante tra produzione e spesa.

Il macigno del personale
I costi del personale, innanzitutto, in rapporto al valore prodotto: se le percentuali medie dell’Abruzzo sono preoccupanti (119%), quelle del Centro Abruzzo sono imbarazzanti. Popoli veste la maglia nera di tutta la regione, con un rapporto tra costo del personale e valore prodotto sbilanciato per il 221%: a fronte di un valore prodotto di 9,9 milioni di euro, solo per il personale (288 addetti) se ne spendono 21,9, con un costo medio per addetto di 79mila euro l’anno. Per fare un paragone la media regionale (che non è certo virtuosa) è di 56mila euro e nel privato il costo del personale sul valore prodotto è di norma intorno al 55%. Molto meglio non va Castel di Sangro dove la percentuale in questione tocca il 185%: a fronte dei 4,7 milioni prodotti, si spende di personale (171 addetti), 8,8 milioni di euro l’anno, con un costo medio per addetto di 52mila euro. Stessa cifra che si spende a Sulmona, dove la percentuale tra la produzione (18 milioni) e il costo dei 475 addetti (24,7 milioni) è del 137%. E’ un’enormità comunque: le linee guida del decreto sanità, infatti, stabiliscono uno sbilanciamento complessivo tra produzione e costi (inglobando anche quelli del funzionamento e della manutenzione di strutture e strumenti) del 30%.

L’occupazione dei posti letto
Sono cifre frutto di un insieme di fattori interni ed esterni ai presidi ospedalieri. Ad esempio il tasso di occupazione dei posti letto per essere ottimale dovrebbe essere dell80%: superiore vuole dire che non c’è ricambio e quindi difficoltà nel reperire letti, sotto il 60%, dice il ministero, andrebbero chiusi. In Abruzzo la media è del 85%, a Sulmona (parliamo di ricoveri di acuti) è del 62%, a Castel di Sangro dell’80%, a Popoli del 100%. Ma i dati, presi singolarmente, disegnano tutti i punti di forza e debolezza di ciascun reparto: medicina generale, ad esempio, a fronte della media regionale del 105%, a Castel di Sangro registra un virtuoso 83%, a Sulmona il 110%, a Popoli 101%. E ancora chirurgia generale (78% la media degli ospedali abruzzesi), è in linea a Sulmona (76%), ma sbilanciata a Popoli 101% e troppo bassa a Castel di Sangro (52%). Ortopedia traumatologica lavora poco a Sulmona e Popoli (66 e 64%), troppo a Castel di Sangro (115%), rispetto alla media regionale che è del 74%. Un dato per il caro punto nascita: neonatologia a Sulmona ha un tasso di occupazione dei posti letto di appena il 16% (la media regionale è del 133%), mentre pediatria ce l’ha del 38% (l’82% in Abruzzo).

La medicina territoriale
Poi c’è la medicina del territorio la cui efficienza è leggibile da due fattori principali: i ricoveri impropri e la degenza media. L’inapproriatezza dei ricoveri (che secondo il ministero dovrebbe essere del 10%) in Abruzzo ha una media del 14%. Il Centro Abruzzo, in questa voce, registra molte carenze, prima fra tutte quelle di Popoli che, anche qui, veste la maglia nera in regione con ben il 30% di media (con punte a chirurgia generale del 37%). Segue a ruota Castel di Sangro, la cui media di inappropriatezza dei ricoveri è salita in un anno dal 23 al 25%. Sulmona si ferma (si fa per dire) al 19%. Meglio va per la degenza media: 7 giorni è la media regionale (come le indicazioni del ministero), 7,5 a Castel di Sangro, 5,9 a Popoli, 6,9 a Sulmona, dove però sono alti i numeri (rispetto alla media regionale) di chirurgia generale (8,4) e medicina generale (10,6).

Per dirla tutta
Difendere gli ospedali sul proprio territorio è legittimo e sacrosanto. Tuttavia una riorganizzazione della sanità in Abruzzo è imprescindibile, perché la spesa incontrollata e i feudi dei primari vecchio stampo, spesso contigui e strutturati della politica, hanno scavato un buco nel bilancio che da otto anni ci costringe al commissariamento. Il risultato è che abbiamo perso il controllo sulla politica sanitaria, nel senso che le azioni (ovvero i tagli) sono più imposti che decisi. E questo limita la lettura dei bisogni, della quale si dovrebbe discutere con i dati alla mano e la maturità di un “padre di famiglia” che, quando la coperta è corta, decide con coscienza cosa occorre davvero coprire. Il principio è quello di mettere al centro i pazienti e non gli ospedali e i loro primari. E possibilmente rendere i presidi sanitari efficaci e efficienti, con dotazioni strumentali e strutture adeguate. Per compiere questo salto, occorre però intensificare la medicina territoriale: distretti sanitari, ambulatori di medici consorziati, riduzione degli accessi ai pronto soccorso e dei ricoveri impropri, ma anche una rete di emergenza-urgenza che funzioni davvero e faccia sentire sicuro il cittadino, in qualsiasi angolo d’Abruzzo risieda. Perché insomma tutti abbiano pari accesso alla sanità, non necessariamente agli ospedali.


postato il 4/6/2016

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